L’approvazione della legge 10.12.2012 n. 219, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 17/12/2012 ed entrata in vigore l’1 gennaio 2013, in materia di parificazione tra figli naturali e figli legittimi, ha come obiettivo meritevole quello di far venire meno, anche nel nostro Paese, ogni discriminazione e disparità di trattamento tra i figli nati in costanza di matrimonio e quelli venuti alla luce all’esterno di tale vincolo.
Bisogna, tuttavia, valutare se il legislatore sia riuscito nel proprio intento o se, ancora una volta, al di là delle dichiarazioni programmatiche e di principio, sia rimasto mortificato l’obiettivo di dar vita ad una riforma davvero organica ed innovativa.
Vediamo, quali sono stati i principali e fondamenti risultati che la nuova legge ci porta.
Prima di tutto, non può non essere apprezzato il riconoscimento di uno stato giuridico unitario all’interno della filiazione: da oggi, infatti, tutti saranno semplicemente “figli”, senza più alcuna distinzione, neppure terminologica, tra i figli nati da legami matrimoniali e quelli concepiti al di fuori di rapporti formalizzati in matrimonio.
E’ poi una conquista importante l’abbattimento delle barriere che, in precedenza, esistevano tra il figlio naturale riconosciuto e i parenti dei genitori, con i quali non venivano a determinarsi vincoli di parentela: i genitori del padre e della madre, seppure dal punto di vista affettivo si sentissero a tutti gli effetti “nonni” e si comportassero come tali, non lo erano sotto il profilo giuridico-formale.
L’originaria formulazione dell’art. 358 c.c. limitava, infatti, gli effetti del riconoscimento del figlio naturale al solo autore dello stesso, senza che venisse ad instaurarsi alcun rapporto di parentela tra il figlio riconosciuto e gli altri parenti del genitore.
Grazie alla modifica degli articoli 74 e 358 del codice civile, d’ora in poi, invece, si riterranno parenti tutti i discendenti da uno stesso stipite, indipendentemente dalla legittimità della filiazione ed il riconoscimento avrà effetto anche verso i parenti collaterali del genitore.
Questa modifica produce importanti ripercussioni anche a fini ereditari perché, mentre in precedenza i figli naturali potevano succedere unicamente al defunto genitore, ma non vantavano alcun diritto verso gli ascendenti (nonni) naturali né verso gli altri parenti del loro genitore, a seguito della riforma cade anche questa discriminazione.
La riforma estende la possibilità di riconoscere i figli anche ai genitori uniti tra loro da vincolo di parentela in linea rettaall’infinito, in linea collaterale fino al secondo grado o di affinità in linea retta – figli c.d. incestuosi – con l’unico limite dell’autorizzazione del Giudice, chiamato a valutare l’effettiva rispondenza di tale riconoscimento all’interesse del figlio, onde evitare allo stesso qualsivoglia pregiudizio.
Tale previsione viene a derogare il dettato dell’art. 251 c.c., che limitava la possibilità al genitore il quale, all’epoca del concepimento, ignorasse in buona fede l’esistenza del vincolo di parentela. Ne risulta superata, altresì, la stessa Corte Costituzionale che, con la sentenza n. 50 del 2006, aveva riconosciuto al figlio nato da incesto la possibilità di agire giudizialmente per far accertare la paternità o maternità naturale, senza per altro riconoscere un analogo diritto di riconoscimento in favore dei genitori, se non nei limiti dell’art. 251 c.c..
Anche sotto il profilo processuale la nuova legge ha uniformato il trattamento, modificando l’art. 38 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile ed attribuendo ora, al Tribunale Ordinario, anziché al Tribunale per i Minorenni, la competenza in tema di affidamento e mantenimento dei figli di genitori non coniugati, al pari di quanto già previsto per i figli legittimi, ritenendo applicabile, in quanto compatibile, la normativa procedurale dettata in tema di separazione personale dei coniugi.
E’ stata, altresì, trasferita dal Tribunale per i Minorenni al Tribunale Ordinario anche la competenza per i procedimenti in materia di decadenza o limitazione della potestà genitoriale, ove gli stessi siano insorti in pendenza di un giudizio di separazione o divorzio, nonché per tutti i quei provvedimenti in tema di minori non espressamente attribuiti alla competenza di una diversa autorità giudiziaria.
Sempre in termini generali, infine, il legislatore ha inteso estendere a tutti i provvedimenti resi in tema di alimenti e mantenimento della prole i rimedi originariamente previsti dalla l. n. 898/1970 dettata in tema di divorzio.
Il Giudice, a garanzia delle ragioni vantate dall’avente diritto potrà, pertanto, imporre al genitore tenuto al mantenimento, nei cui confronti si ritenga attuale il pericolo che si possa sottrarre ai propri doveri, di prestare idonea garanzia personale o reale, in ordine ai propri obblighi, avendo, altresì, facoltà di disporre il sequestro dei beni del genitore o di ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di denaro all’obbligato, di versare le somme dovute direttamente agli aventi diritto.
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