La quota appartenente al coniuge in regime di comunione legale rappresenta un bene inalienabile ed inespropriabile.
Il caso. Il Tribunale di Piacenza, con l’ordinanza del 12 ottobre, pronunciandosi sulla legittimità di un pignoramento di un quota indivisa di metà della proprietà di un immobile in comunione legale tra i coniugi, e rigettando l’istanza di vendita avanzata dal creditore procedente, è pervenuta alla conclusione che il creditore personale di un coniuge non può pignorare la quota di questi, ma l’intero cespite in comunione, per poi soddisfarsi solo sul ricavato, nei limiti della quota spettante all’ obbligato.
La differenza con la comunione ordinaria. La comunione legale dei beni tra i coniugi, diversamente da quella ordinaria, considerata una fattispecie di con titolarità di diritti, è una comunione senza quote, nella quale i coniugi sono solidalmente titolari di un diritto avente per oggetto i beni di essa e rispetto alla quale non è ammessa la partecipazione di estranei.
Il nostro ordinamento, infatti, non potrebbe mai tollerare che il coniuge non esecutato si venga a trovare in comunione legale con un terzo, aggiudicatario della quota stessa.
Come, infatti, sostenuto anche dai supremi giudici della Corte di Cassazione (n. 4033/2003) e della Corte Costituzionale (n. 311/1988), la quota, caratterizzata dall’indivisibilità e dall’indisponibilità, ha soltanto la funzione di stabilire la misura entro cui tali beni possono essere aggrediti dai creditori particolari, la misura della responsabilità sussidiaria di ciascuno dei coniugi con i propri beni personali verso i creditori della comunione e, infine, la proporzione in cui, sciolta la comunione, l'attivo e il passivo saranno ripartiti tra i coniugi o i loro eredi.
Inalienabilità e inespropriabilità della quota del coniuge in comunione legale dei beni.Il giudice emiliano, richiamandosi alla quasi unanime giurisprudenza di merito pronunciatasi in tema, ha ribadito che la quota della comunione legale fornisce soltanto la misura astratta del riparto, suscettibile di applicazione nella sola fase di scioglimento della comunione. Pertanto, il creditore procedente dovrà procedere al pignoramento dell’intero cespite comune, soddisfacendosi sul ricavato della vendita forzata dello stesso, nei limiti della quota spettante al singolo coniuge, in qualità di debitore esecutato, su tutto il patrimonio comune. Al coniuge non debitore, poi, spetterà il diritto di ottenere, in sede di distribuzione, la metà di quanto ricavato dalla vendita dei beni pignorati.
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